Per una volta, fare gli struzzi non è male. Mettere la testa sotto la sabbia è, infatti, quanto mai opportuno. Anche perché ignorare il problema, sperando si risolva da solo, non funziona. Anzi, può solo portare a conseguenze negative. Parliamo della questione (spinosa) delle cisterne interrate, che riguarda da vicino aziende ma anche privati.
Quando il rischio è sotto i nostri piedi: l’importanza della bonifica delle cisterne interrate per rispettare la legge (e l’ambiente)
La cisterna interrata è un contenitore per lo stoccaggio di sostanze liquide per produzioni industriali, usi commerciali o per il riscaldamento. Perché si definisca tale, non deve essere direttamente e visivamente ispezionabile la totalità della sua superficie esterna. Tradotto: anche le cisterne non completamente sotto il piano di campagna o semplicemente appoggiate sul suolo sono da considerare in terrate. Un tempo in voga, oggi questi serbatoi vengono soppiantati in larga parte da gas metano e impianti geotermici. Si pone, dunque, il problema di cosa farne, una volta dismessi. Ovvero quando vengono esclusi dal ciclo produttivo o commerciale. Questi serbatoi, infatti, restano nel terreno. E ciò può costituire un pericolo serio per l’ambiente. Il rischio, infatti, è che, si verifichi una perdita dei liquidi contenuti o di quel che ne rimane. Un rischio non così remoto: spesso le vecchie cisterne sono fatte di lamierino, materiale metallico di pochi millimetri. Il logorio dovuto al tempo e all’umidità del sottosuolo può aprire delle falle e causare la fuoriuscita di sostanze dannose. Sono i proprietari dell’impianto a doversi preoccupare dei controlli periodici di bonifica. Le corrette procedure consentono di:
- Rispettare la normativa in materia;
- Evitare costose operazioni di bonifica del sito inquinato;
- Tutelare l’ambiente.
Bonifica della cisterne interrate: come funziona?
Vediamo ora come fare in caso di bonifica di cisterne interrate. Trattandosi, come si è visto, di un’operazione delicata, è consigliabile rivolgersi a operatori specializzati. Ogni minimo errore potrebbe, infatti, causare la fuoriuscita di liquido e la contaminazione dell’ambiente circostante. Inoltre, da gestire vi sono l’aspetto burocratico e il trasporto e smaltimento dei rifiuti. Insomma, un interlocutore di fiducia, in grado di affrontare la questione da tutti i punti di vista, è un valido alleato. Prima di iniziare ogni operazioni di pulizia e messa in sicurezza, bisogna informare Comune e Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale. A questo punto, entriamo in gioco noi. Gli operatori, dopo aver verificato le condizioni del serbatoio, aprono il “passo d’uomo”, ovvero il boccaporto superiore della cisterna. Da qui vengono aspirati i liquidi e le morchie. Queste sostanze vanno, poi, smaltite in appositi impianti con rilascio del Formulario Rifiuti.
La cisterna ha più di 30 anni? La prova di tenuta diventa annuale
È ora il momento della prova di tenuta. Si tratta di un’operazione con cui si verifica se la cisterna è impermeabile oppure se vi sono delle falle. In questo secondo caso, i tecnici ispezionano il serbatoio, individuano e turano i fori. Il serbatoio può, a questo punto, essere inertizzato. La cisterna viene, cioè, riempita di calcestruzzo, sabbia, argilla espansa o altri materiali. In alternativa, può essere estratta dal terreno e smaltita a sua volta come rifiuto. Come evidenziato dall’Arpa, la frequenza delle prove di tenuta, dipende dalla vetustà del serbatoio interrato e dall’effettuazione degli interventi di risanamento. Nel dettaglio:
Età del serbatoio |
Condizione |
Frequenza prova di tenuta |
Superiore a 30 anni o sconosciuta | Non risanato | Annuale |
Tra 15 e 30 anni | Non risanato | Biennale |
A partire dal 5° anno di risanamento | Risanato |
Triennale |
Fatta la prova di tenuta, viene effettuata una degassificazione del serbatoio e una misurazione con esplosimetro per resa gas-free.
Rimozione sì o rimozione no?
A seguito della verifica viene rilasciata l’attestazione di avvenuta bonifica, della certificazione di tenuta e della documentazione relativa allo smaltimento dei fondami. In caso di rimozione del serbatoio, si procede allo scavo e all’estrazione con idonee attrezzature di movimentazione e al successivo conferimento presso l’impianto di smaltimento o recupero. La rimozione viene vista come la naturale conseguenza della messa fuori uso del serbatoio. Tuttavia, in base al quadro normativo vigente non vi è un obbligo giuridico in tal senso. La rimozione potrebbe essere oggetto di specifica prescrizione a opera dell’autorità preposta al settore urbanistico-edilizio, nei casi in cui l’area su cui insiste il serbatoio debba essere restituita alla sua originale destinazione urbanistica. È il caso, per esempio, dei distributori di carburanti, Anche in questo caso, tuttavia, non è da escludere che l’autorità competente si orienti diversamente e consenta che il serbatoio dismesso venga definitivamente mantenuto, in sicurezza, nel sottosuolo. In ogni caso, è importante evidenziare che, qualora sia impossibile rimuovere la cisterna, il serbatoio inutilizzato deve essere reso non pericoloso.
La situazione normativa
La normativa in materia di bonifica di cisterne interrate è piuttosto intricata. Ciò per la sovrapposizione di norme statali e regionali e la coesistenza di vari soggetti. Il problema deriva dall’assenza, per lungo tempo, di una norma nazionale di riferimento, dopo l’annullamento del D.M. 24/05/1999 n. 246 da parte della Corte Costituzionale. La Legge 31/07/2002 n.179 aveva demandato al ministero dell’Ambiente l’emanazione di un decreto per disciplinare la costruzione, l’installazione e l’esercizio dei serbatoi interrati. Il decreto è arrivato solo nel 2015. Nel frattempo, in assenza di una norma nazionale, la palla è passata agli enti locali. E, come sempre, c’è chi ha fatto i compiti a casa, normando, come la Lombardia, e chi no. Ciò spiega lo scenario piuttosto frastagliato a livello nazionale. I riferimenti sono il DM 31/2015, che regola i criteri per la caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica dei suoli e delle acque sotterranee per le aree di sedime o di pertinenza dei punti vendita carburanti, e il D.Lgs. 152/2006. Il Decreto ministeriale, oltre a definire tempi procedurali in parte diversi dall’art. 242 del D.Lgs. n. 152/2006, sostanzialmente regolamenta quanto già previsto dall’Appendice V ai “Criteri metodologici per l’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati” di ISPRA.
Hai una cisterna interrata e sei preoccupato per una possibile contaminazione del suolo? Contattaci per scoprire come possiamo esserti d’aiuto, a partire da una consulenza o un sopralluogo.