L’anno che va a concludersi passerà alla storia. E non per il fatto di aver ospitato i primi Mondiali di calcio autunnali della storia. Piuttosto, il 2022 è l’anno più caldo dal 1800, come certificato dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del CNR¹. Segno che i cambiamenti climatici, come ricordato a più riprese dagli esperti, si fanno sempre più evidenti. Anche perché c’è pure la siccità (-46% di piogge rispetto al 2021), intervallata a eventi meteorologici estremi, sempre più frequenti. Proprio le precipitazioni sono al centro di questo nostro ultimo articolo dell’anno, dedicato alle vasche di prima pioggia: di che cosa si tratta? Scopriamo insieme.
Impianti di prima pioggia: di cosa si tratta?
Come abbiamo ricordato in precedenti articoli, di acqua ce n’è sempre meno. Si tratta, dunque, di preservarla il più possibile e di valorizzarne l’utilizzo. Discorso che vale tanto a livello privato quanto in ambito professionale e industriale. A tal proposito, gli impianti di prima pioggia rappresentano un valido aiuto. Ma andiamo per gradi. Con acque di prima pioggia si definisce la quantità d’acqua piovana precipitata al suolo nei primi 15 minuti dell’evento atmosferico, per cui viene definito un valore di riferimento di 5 mm. Tali acque, scorrendo, trascinano con sé anche elementi inquinanti depositatisi a terra: sabbie, oli, grassi e idrocarburi. Va da sé che quest’acqua non può essere rilasciata direttamente nel terreno o in bacini idrici: la sua composizione, infatti, la rende particolarmente pericolosa per l’ambiente. Prima di essere recapitata ai corpi idrici, sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, deve essere sottoposta ad adeguati trattamenti. Grazie alle vasche di prima pioggia ha luogo la depurazione.
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La normativa di riferimento
Con lo sviluppo urbanistico degli ultimi decenni, è aumentata la quantità di aree di pavimentazione impermeabili destinate a usi produttivi e commerciali. Pertanto, sono state messe a punto delle normative che prevedono l’obbligo di accumulare le acque meteoriche ricadenti sulle superfici impermeabili e di trattarle. Sulla base di quanto definito dall’art. 113 del D.Lgs. n. 152/2006, il Testo Unico Ambientale, le acque di prima pioggia o di dilavamento possono essere oggetto di autorizzazione allo scarico. Ai fini della prevenzione dei rischi idraulici e ambientali, gli enti di controllo, previo parere del ministero dell’Ambiente, disciplinano e attuano:
• le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche provenienti da reti fognarie separate;
• i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche siano sottoposte a particolari prescrizioni, compresa l’eventuale autorizzazione.
Spetta sempre agli enti di controllo disciplinare i casi in cui, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose. In questi casi può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e trattate in impianti di depurazione.
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A cosa servono e come funzionano le vasche di prima pioggia
Prima dello scarico, è importante che l’acqua meteorica venga purificata dalle sostanze inquinanti che contiene. Le acque di prima pioggia, infatti, non possono mai essere scaricate senza un trattamento di depurazione finalizzato alla rimozione dei vari inquinanti (idrocarburi, olii, grassi e metalli pesanti, a seconda dell’attività industriale svolta). Specie quando si tratta di siti industriali o di raccolta di rifiuti.
All’interno degli impianti di prima pioggia, le vasche ricoprono un ruolo di primo piano nella raccolta delle acque da trattare. Grazie a esse, infatti, è possibile:
• separare le acque di prima pioggia da quelle di seconda pioggia che, non essendo contaminate, sono pronte per essere convogliate allo scarico finale;
• stoccare l’acqua inquinata e impedire che venga convogliata direttamente allo scarico.
A livello tecnico, gli impianti sono di norma prefabbricati, realizzati in calcestruzzo, di forma rettangolare o cilindrica e di varie dimensioni. Le acque di prima pioggia, grazie a una valvola antiriflusso a galleggiante, vengono separate da quelle di seconda pioggia, di norma non contaminate. A questo punto, l’acqua passa da una vasca all’altra attraversando dei filtri che catturano gli eventuali contaminanti e impurità. Qualora fosse necessario, a intervalli di tempo stabiliti, un’elettropompa sommersa può avviare le acque alla disoleazione, per trattenere in superficie gli olii lasciando defluire l’acqua. Infine, durante la fase di svuotamento, deve essere regolata la quantità di acqua in uscita, così da permettere al sistema ricettivo di assorbirla. In tal senso, le vasche di prima pioggia forniscono un valido supporto anche per attenuare i picchi di piena provocati dalle piogge.
NOTE
¹ Scopri di più: Climate Monitoring for Italy, ISAC-CNR
² Per approfondire: Corso integrato Acquedotti e fognature, Università di Cagliari