Marzo pazzerello, aprile con l’ombrello. Una celebre filastrocca associa al terzo e al quarto mese dell’anno queste peculiarità. In realtà, come emerge ormai da numerose evidenze scientifiche, il clima sta cambiando, anche in Italia, con periodi di prolungata siccità, una distribuzione anomala delle piogge e un aumento di precipitazioni estreme. Non solo: la concentrazione di inquinanti presenti nelle acque piovane è sempre più alta.
Una situazione già seria, ma che rischia di peggiorare ulteriormente nel momento in cui le acque meteoriche, scorrendo, trascinano con sé gli inquinanti presenti sulle superfici impermeabili. Ecco perché è importante approfondire come impedire che le acque cariche di elementi potenzialmente pericolosi raggiungano i sistemi fognari e i corpi idrici. In questo senso, un contributo rilevante è offerto dall’impianto di prima pioggia.
Acque meteoriche di prima pioggia e di dilavamento: cosa sapere
Di impianti di prima pioggia abbiamo già parlato in un precedente articolo. Si tratta di sistemi utilizzati per gestire le acque meteoriche raccolte dalle superfici impermeabili come strade e parcheggi, ma anche piazzali aziendali e zone di deposito merci.
Tali acque, definite appunto di prima pioggia, corrispondono alla quantità precipitata nei primi 15 minuti dell’evento meteorico, per cui viene definito un valore di riferimento pari a 5 mm. Queste, una volta a contatto con le superfici impermeabili, portano con sé sostanze inquinanti come oli, grassi e idrocarburi.
Acque di prima pioggia: normativa
Le acque meteoriche di dilavamento e di prima pioggia sono di principio escluse dalla normativa sugli scarichi (art. 113 del Testo Unico in materia ambientale). A disciplinarle sono le Regioni.
Il D.Lgs. 52/2006 afferma, tuttavia, che è vietato lo scarico o l’immissione diretta di acque meteoriche in quelle sotterranee. In alcuni casi, può essere richiesto che le acque meteoriche di prima pioggia e di dilavamento siano opportunamente trattate in specifici impianti. Questo per il sussistere di particolari condizioni. In particolare, qualora sussista il rischio, anche in relazione al tipo di attività industriale svolta, di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o che possano minare la qualità dei corpi idrici.
È qui che entra in gioco l’impianto di prima pioggia. L’obiettivo è garantire un accumulo temporaneo delle acque, cui segue un rilancio temporizzato e ritardato dal termine dell’evento piovoso. Questo sistema permette, al contempo, di attenuare i picchi di piena dovuti alle piogge.
Come funziona un impianto di prima pioggia
L’impianto di prima pioggia è particolarmente utile nei contesti urbani, in cui il rapido accumulo delle piogge aumenta il rischio di allagamenti e trasporto di inquinanti nei corpi idrici. Rappresenta, tuttavia, un valido aiuto per preservare l’acqua e valorizzarne l’utilizzo anche in ambito aziendale. Ma quali sono i principi alla base del suo funzionamento?
- Le acque meteoriche di dilavamento, passando per griglie e caditoie, arrivano a un pozzetto scolmatore attraverso la rete di collettamento.
- Da qui confluiscono verso la vasca di accumulo che, una volta riempita, viene bloccata da una valvola automatica installata all’ingresso della vasca di raccolta dell’acqua. In questo modo, è possibile separare le acque di prima pioggia da quelle di seconda pioggia che, non essendo contaminate, sono pronte per essere convogliate allo scarico finale attraverso la tubazione di by-pass.
- L’acqua viene, quindi, raccolta all’interno di queste vasche, in cui avviene la sedimentazione di sabbie e fanghi.
- Soltanto dopo 48-96 ore, tramite un’elettropompa sommersa a portata costante, l’acqua viene avviata al trattamento di disoleazione o direttamente al ricettore finale.
Infine, l’acqua stoccata viene rilanciata dalla pompa sommersa, che si attiva mediante quadro elettrico, il quale regola lo svuotamento dell’accumulo.
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Dialogo virtuoso tra componenti diversi
L’impianto di trattamento delle acque di prima pioggia rappresenta, dunque, un sistema intelligente capace di evitare la dispersione nell’ambiente di sostanze contaminanti. Un beneficio reso possibile dalla compresenza e dal dialogo virtuoso di elementi chiave come il pozzetto di raccolta e le vasche di stoccaggio. Nel complesso sistema di depurazione delle acque giocano, però, un ruolo fondamentale anche altri componenti.
- Il quadro elettrico consente di attivare l’avvio della pompa di rilancio delle acque di prima pioggia con un ritardo regolabile. Per legge, tale intervallo deve essere compreso tra le 48 e le 96 ore dalla fine dell’evento piovoso.
- Essenziale è il sistema di depurazione, composto, a seconda del modello, da un dissabbiatore e da un deoliatore con filtro a coalescenza per la depurazione delle acque accumulate nel serbatoio e rilanciate dalla pompa.
Merita una menzione, infine, il pozzetto per prelievi fiscali, usato, come svela il nome, per il prelievo di campioni di refluo all’uscita dell’impianto di depurazione.
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Impianto di prima pioggia discontinuo e in continuo
Esistono diverse tipologie di impianti di prima pioggia. Principalmente, si distinguono quelli di tipo discontinuo da quelli in continuo. Dei primi abbiamo parlato fin qui. L’impianto di prima pioggia in continuo prevede, invece, il trattamento costante e completo delle acque raccolte, indipendentemente dall’evento piovoso in corso. Si tratta di un sistema necessario nei casi in cui l’acqua piovana continui ad avere caratteristiche chimiche non conformi allo scarico. Oltre ad avere un contenimento limitato delle acque in ingresso, gli impianti in continuo dispongono di un sistema di defangazione e disoleazione più grande. Ciò garantisce il totale trattamento delle acque, anche quelle di seconda pioggia.
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